Io alla cultura ci credo, ma …

Il Salento è una terra feconda di storia, cultura, tradizioni e molte sorprese veramente di grande livello sul piano teatrale (penso a Fabio Tolledi e il Suo Astragali o Franco Ungaro con i suoi Cantieri Teatrali Koreja) e musicale (dalla pizzica alle recenti rivelazioni di Dolcenera, Alessandra Amoroso, e i Negroamaro) che riescono a creare un mix perfetto di energia, odori, gusti e sapori davvero unici e seducenti. Un Salento che nella sua storia è stato crocevia di  popoli come i Messapi, i Romani, i Bizantini e gli Aragonesi, le cui testimonianze sono a a tutt’oggi assolutamente vive e tangibili in tutto il nostro patrimonio storico-artistico. Il Rinascimento, il Barocco e lo stile Neoclassico si riversano per le vie di oltre 100 bellissimi paesi, che sembrano vivere in un magico fermo immagine da cartolina. Questo è il Salento, il Sud della Puglia, una terra da scoprire millimetro dopo millimetro, con il suo capoluogo Lecce, che in tutta Italia è riconosciuto come una vera e propria perla, che racchiude il suo immenso tesoro, ovvero il Barocco, che sorprende, incanta, meraviglia. Lecce, che ha costituito fino alla fine del Cinquecento una piccola roccaforte attorno alla mole imponente e maestosa del Castello di Carlo V, che è stata patria religiosa di personaggi del calibro di Luigi Pappacoda, e culla letteraria di poeti e scrittori del calibro di Vittorio Bodini e Raffaele Gorgoni (pubblicati da Besa), Girolamo Comi (pubblicato da Manni e Lupo editore), Antonio Leonardo Verri (pubblicato da Kurumuny), Claudia Ruggeri (LietoColle, PeQuod, e l’Incantiere), Rina Durante (Besa, Manni, Bompiani), Salvatore Toma (Einaudi), che hanno parlato di queste terre a volte in modi anche piuttosto crudi. Sono solo pochi esempi editoriali, potrei anche aggiungere Maria Pia Romano con il suo l’Anello Inutile o La Cerva di Daniela Palmieri, e ancora Luisa Ruggio con il suo Afra (tutti editi da Besa), ma esempi, solo esempi che non sono bastevoli nel dare un quadro preciso di questa porzione d’Italia, molto complessa e variegata sotto ogni punto di vista. Di recente sono stato all’happening di Lecce Sbarocca organizzato ai Koreja da Franco Ungaro e il suo staff, dove ho sentito le diverse opinioni di giornalisti e scrittori indigeni da Pierpaolo Lala, a Osvaldo Piliego, da Luciano Pagano a Simona Toma, da Vito Antonio Conte, Elisabetta Liguori a Stefano Donno e Teo Pepe, che hanno detto la loro su Lecce, su come l’hanno vissuta, su ciò che questa città e questo territorio hanno dato a loro e sulle modalità di certe dinamiche sociali, culturali e politiche. Mi è sembrato di capire che Lecce tranquillamente può assurgere a ruolo di capitale europea della cultura, perché le forze culturali ci sono tutte, anche se disomogenee e soprattutto poco organizzate e coordinate tra di loro. Secondo me questa piccola – se piccola la possiamo chiamare – disfunzione, è a causa della politica che ci siamo “meritati” in questa città in tutti questi anni, e alla quale abbiamo permesso di agire senza uno spirito di critica nei loro confronti o di contrasto rispetto magari a certe mosse azzardate o inutili. E manca – lo diceva proprio Mauro Marino – la forza dello scontro dialettico e del contrasto, perché la nostra politica l’ha voluto, e ci ha trascinati in questa specie di dormiveglia dal quale è difficile rialzare dignitosamente la schiena! Che sia il Comune, la Provincia, o la Regione, si può tranquillamente dire che anche i più facinorosi operatori culturali hanno pensato (quasi in maniera medievale) che  senza questo o quel finanziamento non si possa produrre cultura ad un certo livello. E paradosso dei paradossi siamo arrivati al punto in cui ci sono politici che intendono fare cultura e non solo, finanziando le imprese o gli eventi (al di là delle loro reali qualità) per avere un ritorno elettorale di stampo clientelare. Ma vorrei ricordare che un politico non deve per forza essere un prof. di lettere, un accademico della crusca, anzi dovrebbe solamente circondarsi di persone che la cultura la conoscono davvero e la sanno fare. E allora mi chiedo, come si può pensare ad un sistema della cultura sul territorio, se chi vi opera non ha invece la voglia e l’energia di cooperare insieme per creare nuovi modelli di sviluppo culturale, che possono dare anche occupazione? Così non si va da nessuna parte, perché se pensiamo che “mamma” Provincia, Comune, e Regione ci debba accudire e sostenere economicamente, dichiareremmo apertamente che da soli non siamo in grado di fare un bel niente! Meditate gente, meditate … (questo intervento è apparso sull’ultima pagina di Paese Nuovo del 10/01/2012)

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